METECA
Sardegna: Le Voci della Tradizione
Sardinia: The Voices of Tradition
Volume 1
Sardegna: le voci della tradizione – Marco Lutzu
Questo sito e il CD-book da cui è tratto propongono una prima selezione delle registrazioni realizzate per il progetto METECA. Le trenta tracce presenti nel disco si concentrano sulla musica di tradizione orale, privilegiando espressioni musicali storicamente radicate nell’isola e percepite dai sardi come patrimonio collettivo: di una comunità, di una specifica area geografica, della Sardegna tutta.
Dal Campidano alle coste settentrionali della Gallura, dal Montiferru alla Baronia, il viaggio musicale proposto passa per centri grandi e piccoli dislocati in tutto il territorio regionale. Perché in Sardegna un viaggio alla scoperta delle potenzialità espressive della voce umana è anche, necessariamente, un viaggio tra i suoi territori. Non esiste, infatti, una musica “pan-sarda”, che si ritrovi uguale in tutta l’isola. Ogni genere di canto, ogni stile vocale caratterizza dal punto di vista sonoro un luogo specifico.
In alcuni casi si tratta di aree vaste, come per il Cantu in Re (traccia 7), diffuso in gran parte della Sardegna centro-settentrionale. Altre volte, come accade per la polifonia maschile a quattro parti, si differenzia in ogni paese, i cui cantori sono ritenuti gli unici fedeli interpreti. Si ascolti per esempio la differenza tra il ballo cantato a tenore nello stile di Dorgali (traccia 30) e quello di Urzulei (traccia 18), o ancora il diverso amalgama delle voci nel repertorio profano dei cantori lussurgesi (traccia 3) e di quelli aggesi (traccia 9). Ma anche in pratiche musicali diffuse in tutta l’isola come le ninna nanne è facile scorgere differenze nei percorsi melodici della voce, nel modo di ornare il canto, nel suono che le diverse varietà linguistiche producono, per esempio scendendo a valle dalla Barbagia (traccia 1) al Campidano (traccia 19).
Ascoltando il disco emergono in tutta la loro ricchezza le diverse modalità esecutive con cui in Sardegna la voce umana viene impiegata nel canto. La monodia, il canto a voce sola non accompagnato, è prevalentemente una modalità espressiva femminile. Viene impiegata nei canti destinati ai bambini, dalle ninna nanne, le “a ninnias”, ai canti-gioco detti “duru duru”, così come per intonare i “mutetus”, brevi componimenti poetici dalla forma bipartita che venivano eseguiti durante il lavoro o in altre occasioni, spesso con tematiche amorose (tracce 17 e 27).
Vi sono invece generi in cui la voce solista viene sostenuta da uno o più strumenti musicali. In questo caso a cantare sono sia le donne che gli uomini. Nella Sardegna settentrionale, alcuni di questi canti vengono eseguiti durante le gare di “cantu a chiterra, esibizioni pubbliche che si tengono nella stagione estiva in occasione delle feste in onore dei santi. Nelle “garas”, i “cantadores” danno sfoggio delle proprie doti vocali realizzando personali percorsi melodici riccamente ornati, riconducibili a diverse tipologie di canto come il “Cantu in Re” (traccia 7) o la “Nuoresa” (traccia 23). Più dolci rispetto allo stile attuale risultano le interpretazioni “a s’antiga” (traccia 4) e quelle delle donne (traccia 12).
Nella Sardegna meridionale altre tipologie di canto come le cantzonis o i gòcius (tracce 14 e 21) possono essere accompagnate sia dalla chitarra che dalle launeddas, triplo “clarinetto” di canna, uno dei simboli millenari dell’isola. Ma la Sardegna è nota soprattutto per il canto a più voci, questo sì esclusivamente maschile. Intonato da quattro (ma in alcuni casi da cinque) cantori maschi, a ognuno dei quali è affidata una diversa parte vocale, viene praticato maggiormente nell’area centro-settentrionale. In ogni paese in cui è diffuso si distingue per il repertorio, sacro o profano, e per diverse peculiarità armoniche e timbriche. La distinzione più evidente è quella tra l’emissione di petto, che si ritrova per esempio a Santu Lussurgiu, Aggius, Tempio e Castelsardo, e quella gutturale, che caratterizza il canto di Nuoro, Bolotana e Dorgali. Vi sono poi paesi come Bortigali, nel quale vengono utilizzate entrambe le tecniche di emissione, la prima per il canto sacro (traccia 22) e la seconda per quello profano (traccia 5).
In Sardegna la devozione si esprime in diverse lingue. Vi sono generi, o specifici canti, che utilizzano ancora la lingua ufficiale della Chiesa, il latino, come accade per l’Eram quasi di Castelsardo (traccia 20) o per il Miserere di Santu Lussurgiu (traccia 11), eseguito durante i riti della Settimana Santa. Oppure si utilizza il sardo, nelle sue diverse varianti: dal gallurese, come nel Lamentu di Maria di Tempio (traccia 27) al campidanese, come nel Dromi fill’e coru (traccia 13), al logudorese, come nell’Otava trista di Bortigali (traccia 22). A questi si aggiunge il greco, con cui si esegue il Kyrie, il primo canto della Messa, intonato come canto polivocale dai membri della locale Arciconfraternita a Nulvi, nel nord Sardegna (traccia 16), o accompagnato dalle launeddas nel sud, a Sanluri (traccia 26).
Sardinia: The Voices of Tradition – Marco Lutzu
This website and the CD-book offers a first selection of the recordings made for the METECA Project. The thirty tracks on the record focus on oral traditional music, favouring musical expressions historically rooted in the island and perceived by the Sardinians as a collective heritage of a community, a specific geographical area, of the entire Sardinia.
From Campidano to the northern coasts of Gallura, from Montiferru to Baronia, this musical journey crosses big and small towns located throughout the region. Because in Sardinia a journey to the discovery of the expressive potentialities of the human voice is also, necessarily, a journey through its territories. In fact, no same “pansardinian” music can be found throughout the entire island. Each type of song, each vocal style characterizes a specific place from the sound point of view. In some cases, these are large areas, as for the “Cantu in Re” (track 7), widespread in most of central-northern Sardinia.
Other times, as in the case of the four-part male polyphony, it is different in every town for which the singers are deemed as the only faithful performers. For example, the difference between the “a tenore” sung dance in the style of Dorgali (track 30) and that of Urzulei (track 18), or even the different amalgam of the voices in the profane repertoire of the Santu Lussurgiu singers (track 3) and of those from Aggius (track 9). But even in musical practices spread all over the island, like lullabies, it is easy to notice differences in the voice melodies, in how the voice is decorated, in the sound that the different linguistic varieties produce, for example, descending from Barbagia (track 1) to Campidano (track 19).
Listening to the record, the different modes of execution with which human voice is used in singing in Sardinia emerge in all their richness. Monodic singing, without accompanying instrument, is generally a female expressive mode used in songs for children, like lullabies, the “a ninnias”, the songs called “duru duru”, as well as to sing the “mutetus”, that are short poetic compositions with a bipartite form that used to be performed during work or on other occasions and often had love themes (tracks 17 and 27).
There are genres in which the solo voice is supported by one or more musical instruments. In this case, both women and men sing. Some of these songs are performed in Northern Sardinia during the cantu a chiterra contest, public performances held in the summer season on the occasion of celebrations in honour of Saints. In these contests, the cantadores show off their vocal talents by creating their own richly ornate melodies that can be traced back to different types of singing, like in “Cantu in Re“ (track 7) or the “Nuoresa” (track 23). Sweeter than the current style are the a s’antiga interpretations (track 4) and those of women (track 12).
Other types of singing in southern Sardinia like the “cantzonis” or the “gòcius” (tracks 14 and 21) can be accompanied by both the guitar and the launeddas, a cane triple “clarinet”, one of the island’s millennial symbols. But Sardinia is known above all for male multipart singing. Sung by four (and in some cases by five) male singers, each of whom is entrusted with a different vocal part, this musical practice takes place mostly in the central-northern area.
In every village in which it is diffused, it is distinguished by the secular and religious repertoire, and by different timbral peculiarities.
The most obvious distinction is the one between the chest voice that, for example, located in Santu Lussurgiu, Aggius, Tempio and Castelsardo, and the guttural voice that characterizes the singing in Nuoro, Bolotana and Dorgali. In a few villages like Bortigali both techniques are used, the first for religious singing (track 22) and the second for the secular one (track 5).
In Sardinia, devotion is expressed in different languages.There are genres, or specific songs that still use Latin, the official language of the Church, like in the case of Eram quasi of Castelsardo (track 20) or the Miserere di Santu Lussurgiu (track 11), performed during the Holy Week rites.
Sardinian language can be used in its different variants: the Gallurese, as in Lamentu di Maria di Tempio (track 27), or the Campidanese one, as in Dromi fill’e coru (track 13), the Logudorese, as in the Otava trista di Bortigali (track 22).
To these we add the Greek, with which Kyrie the first chant of the Mass, is performed by members of the local Arciconfraternita in Nulvi, in northern Sardinia (track 16), or accompanied by the launeddas in the south, in Sanluri (track 26).
METECA
Sardegna: Le Voci della Tradizione
Sardinia: The Voices of Tradition
Volume 2
Da Tàjrà a METECA, uno sguardo retrospettivo – Gianluca Dessì
Vent’anni fa, proprio mentre si celebrava il passaggio fra due secoli (e fra due millenni, nondimeno), la tradizione musicale fusa con sonorità moderne e la popular music dei paesi del sud e dell’est del mondo con le sue contaminazioni con jazz, rock ed elettronica erano al loro massimo fulgore: ricordiamo l’esplosione del desert blues di Ali Farka Touré e l’invasione delle fanfare balcaniche, nonché il grande successo commerciale di quel disco/film, a un tempo furbo e meraviglioso, che fu Buena Vista Social Club.
I negozi di dischi più importanti avevano scaffali dedicati alla world music con tutti i sottogeneri possibili, dal latin alla celtica, dalla balcanica al flamenco e tanti altri, cosa oggi impensabile, e in Italia riscuotevano grande successo le band che mescolavano la tradizione alle sonorità provenienti da Bristol, da Manchester o al funk urbano. E in Sardegna? Nell’isola non si registrava alcun importante ricambio generazionale. I gruppi che dominavano la scena erano gli stessi attivi dai tempi del folk revival di fine anni Settanta: Elena Ledda, già protagonista con i Suonofficina, Cordas et Cannas, gli algheresi Càlic, gli Argia. Anzi, grazie ad alcuni endorsement importanti (Frank Zappa, Peter Gabriel), si sviluppava un interesse “global” per la tradizione, il canto a tenore, le launeddas, l’organetto.
Un’équipe di appassionati addetti ai lavori, ispirati dal cofanetto etnomusicologico Les voix du monde, confezionato da due eminenti etnomusicologi, lo svizzero Hugo Zemp e il francese Bernard Lortat-Jacob, decise di provare a fare un’operazione simile sulla Sardegna, terra che offre una grande varietà di emergenze, di forme e comportamenti musicali assolutamente peculiari.
Dalla ricerca e dalle registrazioni sul campo ebbe origine il progetto Tàjrà con la pubblicazione, nel 1999-2000, di due CD: La voce creativa e Canto della Memoria.
Il nome dell’associazione culturale Tàjrà, nata da quel progetto, rimanda ad alcuni arzigogoli, onomatopee e sillabazioni nonsense citati dal canonico Spano nel suo Ortografia sarda nazionale (Cagliari, 1840), così come METECA, titolo del progetto attuale, si declina in una sincrasi che significa “Teca del Mediterraneo”, senza dimenticare che nell’antica Grecia il meteco era lo straniero che, per vivere ad Atene, era soggetto al pagamento di un primordiale permesso di soggiorno: famosi metechi furono, tra l’altro, Aristotele ed Erodoto.
Dell’équipe di ricerca fanno parte i musicisti Sandro Fresi, Claudio Gabriel Sanna e Luca Nulchis, tre esperti di musica sarda. La selezione degli interpreti, la scelta dei brani e le registrazioni sul campo, effettuate appositamente per l’occasione dai ricercatori, costituiscono il primo grande merito di quest’opera, che prova a essere una ricognizione sullo stato dell’arte della musica di tradizione e di rielaborazione della tradizione stessa a cavallo fra i due secoli.
Il coordinamento generale del progetto è affidato a Gianni Menicucci, musicista, produttore discografico e operatore culturale, cui, vent’anni dopo, si devono anche la volontà e la determinazione di voler ridare nuova luce e visibilità a quelle registrazioni. Si tratta di due CD-book con titolo METECA, pubblicati tra il 2019 e il 2020 con una veste editoriale differente e con un diverso criterio nella distribuzione dei brani rispetto all’edizione originale: un primo volume dedicato alle espressioni più tradizionali, la cosiddetta “Living Tradition”, e un secondo volume in cui la tradizione si mescola e si contamina con i suoni di altri paesi e con forme musicali più contemporanee, il “Traditional Arranged”. Questo secondo CD-book presenta una serie di tracce e di artisti (solisti e band) che sulla tradizione intervengono in maniera creativa, approcciandosi ad essa con uno sguardo che mette insieme l’interprete e il compositore, lo studioso e il performer.
La scaletta copre quasi tutte le zone della Sardegna e gli esecutori appartengono più al mondo della world music che a quello della tradizione. Non mancano i nomi storici, come la cantante Clara Murtas, già attrice protagonista in quella meravigliosa avventura che si chiamava Canzoniere del Lazio, o gli algheresi Càlic, storicamente ascrivibili a entrambe le fasi della rielaborazione, la musica di riproposta degli anni Ottanta e i primi vagiti della world music mediterranea; poi il carlofortino Mario Brai e il suo sound mediterraneo, il gallurese Sandro Fresi con i suoi Iskeliu, il percussionista-cantante Alberto Cabiddu, già membro degli storici Suonofficina e qui presente in numerose tracce come solista e percussionista. E ancora nomi attualissimi come le Balentes, titolari anche di un tormentone pop, ma qui alle prese con un maestoso brano che rievoca Sa Battalla di Sanluri; Rossella Faa che interpreta con il pianista Luca Nulchis un’Ave Maria del suo paese, Masullas; gli ensemble corali, con le ardite sperimentazioni del coro “Su Veranu” di Fonni e il coro “Maria Teresa Cau” a voci miste di Ozieri. E, straniero ma vicino, il musicista corso Ghjuvan Ghjacumu Andreani da Ulmetu, fondatore di uno degli ensemble storici del revival corso, i Caramusa.
La prima impressione che si ha ascoltando questo secondo disco, ove tutte le tracce sono cantate, riguarda la varietà del materiale: polifonia, voci femminili e maschili, ensemble vocali strumentali, sempre rigorosamente acustici. Diversi i repertori: canti sacri e paraliturgici, arcaiche ballate, canzoni campidanesi e persino una disispirata, oltre a un buon numero di ninne nanne e filastrocche, con il bel contributo di Emanuele Garau, anche lui musicista e ricercatore. E una babele di lingue: il barbaricino, il logudorese, il campidanese, il tabarchino, il gallurese di Vincenzo Murino, l’isulanu con Valentino Tamponi, il corso, il catalano e l’algherese con il gruppo Mens Rea qui in una rara versione acustica.
Certamente sarebbe un utile esercizio provare a capire come si è evoluto il panorama musicale sardo a vent’anni dalla prima ricerca: quali generi, artisti, quali nuove forme di fruizione hanno preso il posto di quelle del passato. Sarebbe interessante poter ripetere l’esperimento, una sorta di terzo volume o di aggiornamento dell’opera, per confrontare, soppesare e verificare quanto è successo nel frattempo, fra tradizione, world music, etno-pop e persino certa canzone d’arte o d’autore scritta e cantata nelle varianti del sardo. E altrettanto importante sarebbe capire quali sono e saranno le politiche messe in atto dalle istituzioni regionali per diffondere, in Sardegna e fuori, le espressioni musicali (g)locali, anche alla luce di importanti esperienze in altre zone d’Italia e d’Europa che hanno sperimentato e attivato politiche di diffusione capillari ed efficaci, tra cui Catalan Art, Puglia Sounds o il circuito bretone dei Dastum.
Sarebbe auspicabile una presenza istituzionale della Regione Sardegna nelle manifestazioni fieristiche musicali mediterranee e internazionali con cadenza annuale, tra cui Babel Med, Visa for Music, Womex, Atlantic Music Expo, presenza finora affidata unicamente ai singoli operatori. Questo darebbe giusta visibilità al movimento di musicisti e band, promoters, discografici e operatori del settore e potrebbe generare un salto di qualità e, a media scadenza, creare occasioni e posti di lavoro. Come sempre accade, l’efficacia di un’operazione si misura nel rapporto fra risorse a disposizione e risultati ottenuti: se questa retrospettiva servirà a storicizzare un momento della ricerca etnomusicale e al contempo porre le basi per futuri ragionamenti su quale sia il rapporto fra la Sardegna e le proprie espressioni musicali e artistiche e su come esso debba essere ripensato, la raccolta di METECA sarà un punto di riferimento per tutto ciò che il futuro potrà regalarci.
From Tàjrà to METECA, A Retrospective Look – Gianluca Dessì
Twenty years ago, just as we were celebrating the transition between two centuries (and albeit between two millennia), musical tradition merged with modern sounds, and the popular music of the southern and eastern countries of the world with all its contaminations with jazz, rock and electronics was in its heyday: let us just recall the explosion of Ali Farka Touré’s desert blues and the invasion of Balkan fanfares, as well as the great commercial success of the incredible but also clever record/film, Buena Vista Social Club. The best record shops had shelves dedicated to world music with all possible subgenres, from Latin to Celtic, from Balkan to flamenco and many others, something that is unthinkable today, while in Italy the bands that mixed tradition with sounds coming from Bristol or Manchester or with urban funk enjoyed great success.
And what about Sardinia? No important generational change happened on the island. The groups that dominated the scene were still the same as those who had been performing since the folk revival of the late 1970s: Elena Ledda, already a front woman with the Suonofficina, Cordas et Cannas, the Càlic from Alghero and the Argia. Indeed, a number of important endorsements by the likes of Frank Zappa and Peter Gabriel led to the development of a “global” interest for tradition, canto a tenore, launeddas and the accordion. Inspired by the ethnomusicological compilation Les voix du monde, put together by Hugo Zemp and Bernard Lortat-Jacob, two eminent ethnomusicologists from Switzerland and France respectively, a team of enthusiastic experts decided to try and carry out a similar operation in Sardinia, a land that offers a great variety of absolutely unique emergent musical forms and behaviours.
The Tàjrà project originated from research and field recordings with the publication in 1999-2000, of two CDs: La voce creativa and Canto della Memoria.
The name of the cultural association Tàjrà has its origins in that very project, recalling some whimsicalities, onomatopoeias and nonsense syllables cited by the authoritative scholar Spano in his Ortografia sarda nazionale (Cagliari, 1840). Likewise, METECA, the title of the current project, is the result of a syncretism that means “Teca of the Mediterranean”, without forgetting that in ancient Greece a metic was a foreigner obliged to purchase one of the first residence permits to live in Athens: Aristotle and Herodotus were just two of the many famous metics. The research team includes the musicians Sandro Fresi, Claudio Gabriel Sanna and Luca Nulchis, three Sardinian music experts. The selection of the performers, the choice of the pieces and the field recordings, which the researchers made specifically for the occasion, represent the first great merit of this work, which proves to be a survey on the state of the art of traditional music and the reworking of the tradition itself at the turn of the two centuries.
The general coordination of the project is entrusted to Gianni Menicucci, musician, record producer and cultural operator, who, twenty years on, possessed the will and determination to give new light and visibility to these recordings. These are the two CD-books entitled METECA, published in 2019 and 2020 with a different editorial format and a different criterion for the order of the songs compared to the original edition: a first volume dedicated to more traditional expressions, the so-called “Living Tradition”, and a second volume in which tradition is mixed and contaminated with the sounds of other countries and with more contemporary musical forms, the “Traditional Arranged”. This second CD-book presents a series of tracks and artists (soloists and bands) who intervene on tradition in a creative way, approaching it with a gaze that brings together performer, composer and scholar.
The playlist covers almost all the areas of Sardinia and the performers belong more to the world music scene than to that of tradition. There is no shortage of famous names, such as the singer Clara Murtas, former lead voice in that wonderful venture called Canzoniere del Lazio, or the Càlic from Alghero, who historically can be ascribed to both phases of the reworking, the revived music of the 1980s and the dawning of Mediterranean world music; then Mario Brai from Carloforte with his Mediterranean sound; Sandro Fresi from Gallura with his Iskeliu; the percussionist-singer Alberto Cabiddu, former member of the legendary Suonofficina and present here on numerous tracks as soloist and percussionist. And again, extremely modern-day artists such as the Balentes, certainly also known for their pop smash hit, but who here take on a majestic song that evokes Sa Battalla di Sanluri; Rossella Faa who, accompanied by the pianist Luca Nulchis, performs an Ave Maria from her town of Masullas; the choral ensembles, with the daring experiments of the “Su Veranu” choir from Fonni and the “Maria Teresa Cau” choir with mixed voices from Ozieri. And a foreigner from closeby, the Corsican musician Ghjuvan Ghjacumu Andreani da Ulmetu, founder of one of the historic ensembles of the Corsican revival, the Caramusa.
When listening to this second album on which all the tracks are sung, one is immediately struck by the variety of the material: polyphony, male and female voices, instrumental vocal ensembles, always strictly acoustic. Various repertoires: sacred and paraliturgical songs, archaic ballads, songs from the Campidano area and even a disispirata, as well as a good number of lullabies and nursery rhymes, with the first-rate contribution of Emanuele Garau, also a musician and researcher.
And a babel of languages: Barbaricino, Logudorese, Campidanese, Tabarchino, Vincenzo Murino’s Gallurese, Isulanu with Valentino Tamponi, Corsican, Catalan and Algherese with the Mens Rea group here in a rare acoustic version. Of course, it would be a useful exercise to try to understand how the Sardinian music scene has evolved twenty years after that first piece of research: which genres, artists, new forms of enjoyment have taken the place of those of the past. It would be interesting to be able to repeat the experiment, a sort of third volume or update of the work, to compare, weigh up and verify what has happened in the meantime, as regards tradition, world music, ethno-pop and even certain art or singer-songwriter songs sung in Sardinian variants. It would be equally important to understand what policies are being and will be implemented by the regional institutions to spread local musical expressions in Sardinia and abroad, also in the light of important experiences in other areas of Italy and Europe where widespread and effective diffusion policies have been experimented and put into action, including Catalan Art, Puglia Sounds and the Dastum Breton circuit.
The institutional presence of the Sardinian Region at the annual Mediterranean and international musical fairs, such as Babel Med, Visa for Music, Womex or Atlantic Music Expo, is something that would be much welcomed, a presence till now entrusted only to individual operators. This would give proper visibility to the movement of musicians and bands, promoters, record companies and operators in the sector and could generate a qualitative leap and, in the medium term, create opportunities and jobs.
As always happens, operational effectiveness is measured in the relationship between available resources and the results obtained: whether this retrospective will serve to historicise a moment of ethnomusical research and, at the same time, lay the foundations for future reasoning on what the relationship between Sardinia and its musical and artistic expressions is and how it should be rethought, the METECA collection will in any case be a point of reference for all that the future may bring.